Balla finchè balli


Non so come chiamare questa poesia, nostalgia?
Ballare in fondo, è sempre stata una delle mie più grandi passioni, non so perché ma in qualche modo è sempre riuscita a tirar fuori il mio male, il mio bene, la mia bellezza, finezza, sensualità, paura…
Ero molto piccola quando indossai per la prima volta delle scarpette da danza classica, non mi mancava niente, i miei piedi erano perfettamente allineati con quello sport, le mie punte sembrava fossero nate per quello. Solo una cosa non ho mai avuto… Il fisico. Questo dannato corpo che mi porto da sempre dietro, non importava quanto io mangiassi perché i miei fianchi erano sempre qualche centimetro in più del consentito, le mie braccia non erano ossa e il mio viso era tondo, paffuto. “Martina è sempre al centro, è davvero brava! Il suo collo del piede e così naturalmente adatto! Però purtroppo l’esame è andato un po’ così…”, questa frase è stato il mio tormento per gli ultimi anni che mi ero concessa in quella palestra… E in quel teatro, che in fondo, sentivo parte di me.
Non so se chiamarla rassegnazione o rabbia ma smisi. Lasciai tutto. Non ne potevo più di vedere le più magre, e forse meno brave ed espressive, andare avanti e io restare lì, con quel sorriso e quella ingenuità che non volevo abbandonare. Non potevo farmene una malattia, sono sempre stata insicura… forse troppo. Passò un anno, un anno in cui non ne potevo più di ballare solo quando ero a casa da sola. Poi nel mio piccolo paesino trovai il manifesto con il corso di danza hip-hop di Vanessa, mi ero già approcciata a questa disciplina quando frequentavo classica, ma l’avevo sempre vissuta da spettatrice, pensando non facesse per me. Tentai. Le sfide mi sono sempre piaciute.
Non è stato facile, il distacco era enorme e le richieste completamente diverse. Qui non contava la forma del tuo chignon o che felpa indossassi, qui contava solo lo spirito. Non c’erano passi prescritti, non c’erano lunghe ed ossessive lezioni alla sbarra. Qui c’eri solo tu e la musica, vestiti e costumi non importavano, non contava che marca di scarpette indossassi ne da che famiglia provenissi.
Forse era davvero questo di cui avevo bisogno. Ed eccomi qui a parlare delle mie sensazioni, in modo molto riassuntivo, perché per tutte non basterebbe nemmeno un diario. Forse trasmettere le emozioni è sempre stato davvero il mio sogno, perché in fondo ballare e scrivere non sono così diversi. Sono entrambi a loro modo arti così complete e affascinanti e incredibilmente incomprensibili da rapire, catturare, EMOZIONARE.
QUANDO BALLI NON HAI DUE BRACCIA, HAI DUE ALI.
I TUOI PIEDI NON TOCCANO TERRA MA CIELO.
I TUOI CAPELLI NON SONO AGITATI MA ACCAREZZATI DAL VENTO.
LE TUE MANI NON MUOVONO L’ARIA MA SCIE DI STELLE.
E POI CI SEI TU, CHE QUANDO TUTTO FINISCE RESTI LI’, GODENDOTI LA REAZIONE DEL PUBBLICO E RIEMPIENDOTI LE ORECCHIE DEI MAGICI SUONI DEL TEATRO.

LO SPETTACOLO CONTINUA, CONTINUERA’ SEMPRE.
E TU, FINCHE’ BALLERAI, CONTINUERAI A VOLARE.



Balla finché balli

Batti i piedi,
stendi le braccia
che sono ali.

Respira,
profondamente
che non siamo ancora alla fine.

Chiudi gli occhi,
fatti trascinare
che il ritmo ti conduce.

Senti i sentimenti,
lasciati prendere
che alla fine ballare è questo.

Ridi,
ridi di gioia
che se no non è danza.

Poi incazzati,
incazzati davvero
che ballare è anche questo.

Condividiti,
condividi con chi ti guarda
che emoziona.

Sbatti i capelli,
lasciali liberi
che se balli è anche con loro.

Stringi i pugni,
senti la musica fra le tue mani
che alla fine se balli è tua.

Guarda il palco,
sentiti a casa
che per chi balla è molto di più.

Arriva al limite,
come a volerti congiungere al pubblico
che alla fine è ciò che devi fare.

E poi balla finché balli,
balla con passione
che poi finisce.

Balla finché balli
che poi è ciò che davvero conta.

Balla finché lo senti parte di te
che poi è ciò che esterna
te.

Balla finché ti gira la testa
finché le ginocchia cedono
finché le caviglie fanno male
finché i piedi chiedono stop…
Che poi, succede raramente.

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